15 luglio 2025 – New York Times – In un articolo pubblicato sul New York Times il 15 luglio 2025, Omer Bartov, israeliano, ex ufficiale dell’esercito israeliano, oggi professore di studi sull’Olocausto e sui genocidi alla Brown University, conclude sull’esistenza di un genocidio a Gaza.
Omer Bartov, storico israelo-americano e riconosciuto specialista di genocidi, docente all’Università Brown, firma un editoriale in cui afferma, con gravità, di riconoscere oggi un genocidio in atto a Gaza. Forte di decenni di ricerca sugli stermini di massa e sui loro meccanismi, spiega “che sa quando vede” un genocidio: l’accumulo di fatti, discorsi e intenzioni non lascia, a suo dire, più spazio al dubbio.
Lo storico si riferisce esplicitamente alla Convenzione del 1948 sul genocidio, che definisce questo crimine come l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Ora, secondo Bartov, le politiche e le azioni intraprese da Israele dall’ottobre 2023 soddisfano ormai questi criteri: attacchi massicci e sistematici su zone civili, distruzione deliberata di infrastrutture vitali, blocco delle risorse essenziali, tutto ciò in un contesto in cui alcuni leader israeliani hanno pronunciato dichiarazioni disumanizzanti e che implicitamente invocano l’eradicazione dei Palestinesi.
Ricorda che a novembre 2023 riteneva che fosse ancora in tempo per evitare il peggio: i segnali di allarme esistevano già, ma la prova inconfutabile di un’intenzione genocida non era ancora stata stabilita. Un anno e mezzo dopo, la sua constatazione è cambiata. Ciò che era ancora solo una minaccia è diventato, a suo dire, una realtà innegabile. I numeri, le testimonianze e le dichiarazioni ufficiali convergono nel dipingere il quadro di un’impresa di distruzione collettiva.
Per Bartov, questa situazione va oltre il contesto israelo-palestinese: tocca direttamente i fondamenti del diritto internazionale e la memoria stessa dei genocidi passati, inclusa la Shoah. Rifiutarsi di chiamare le cose con il loro nome equivarrebbe a indebolire i meccanismi di prevenzione, a tradire le lezioni della Storia e ad aprire la strada a future atrocità.